Ogni volta che vai a fare la spesa, oltre alla consueta IVA, paghi anche un’altra tassa ma nessuno te lo dice. Vediamo di cosa si tratta e su quali beni di consumo viene applicata.
Pagare le tasse è un dovere di ogni cittadino. L’evasione non solo è un reato ma priva lo Stato di risorse importanti per finanziare servizi pubblici che vanno a beneficio di tutti come i trasporti, la sanità e la scuola. Dunque va da sé che Irpef e IVA vanno pagate esattamente come dobbiamo pagare al nostro Comune di residenza la TARI e l’IMU.
Ogni volta che compriamo qualcosa sappiamo che, oltre al prezzo del bene in sé, paghiamo anche l’IVA in percentuale variabile da un minimo del 4 fino ad un massimo del 22%. Fin qui nulla di nuovo: ne siamo perfettamente consapevoli. Il guaio è che c’è un’altra tassa che molti di noi pagano senza esserne a conoscenza. Questa tassa viene applicata solo su alcuni beni, non su tutti e va a colpire soprattutto una certa fetta di popolazione la quale, ad ogni spesa, si trova a sborsare molto più degli altri.
Alle tante tasse in vigore, se ne aggiunge un’altra. In realtà non è niente di nuovo: la paghiamo da anni ogni volta che andiamo al supermercato ma nessuno di noi ne è mai stato a conoscenza. Di seguito vediamo in che cosa consiste la pink tax e chi va a colpire.
Hai mai fatto caso al fatto che le classiche lamette da barba da uomo hanno un prezzo mentre le lamette “lady”, più affusolate e solitamente rosa costano molto di più? Stesso discorso per lo shampoo: lo shampoo nella confezione nera considerato da uomo costa una cifra, quello rosa o comunque con un packaging femminile costa molto di più. Ecco questa è la pink tax.
Non si tratta di una tassa statale ma di un sovrapprezzo che le aziende applicano ai beni di consumo che si rivolgono alla platea femminile. Il motivo è semplicissimo: in base a diversi studi di mercato è emerso che noi donne siamo più propense a pagare di più per un prodotto rosa e comunque femminile. Le lamette – per tornare all’esempio di prima – sono tutte uguali e potremmo benissimo usare quelle classiche da uomo. Stesso discorso vale per lo shampoo. Invece ci lasciamo catturare da packaging più graziosi.
Ma non solo: fin qui tutto sommato possiamo anche scegliere. Il guaio è che la pink tax riguarda anche l’abbigliamento: quello per le bambine costa circa il 7% in più rispetto a quello per i bambini e stesso discorso per i giocattoli. Di conseguenza chi ha una figlia femmina sarà costretto a spendere di più di chi ha un figlio maschio.
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